Eppure sembrava un uomo che avesse raccolto i propri pezzi e li avesse messi insieme, in un equilibrio imperfetto ma tutto sommato funzionale. Era paradossalmente in pace con i suoi demoni, finché li avesse nutriti, regolarmente.
La ricchezza emotiva e intellettuale, a volte straripanti, che lo rendevano unico erano il frutto che affondava le radici in quel “lato oscuro”, che era il suo alpinismo, fatto di durezza e abnegazione.
Lo vedevo lì, piccolo nella parete, lo chiamavo da lontano perché sapevo che gli faceva piacere sentirsi per un momento meno solo, che gli dava forza.
Che uno pensa, se va da solo è perché vuole stare solo, meglio non disturbarlo. E invece no. Lui andava solo perché “doveva”, ma una parte di sé avrebbe voluto tutti vicino, che lo accompagnassero e lo incoraggiassero.
Aveva bisogno degli altri, perché tutto si sentiva meno che forte e invincibile.
Ammetto che da perfetto ignorante non conoscevo i nomi, ma leggendo l’articolo di Banff.it mi sono ritrovato nelle descrizioni di queste incredibili persone. Si sta facendo strada in me il pensiero che forse tutti noi che bazzichiamo nelle terre alte forse siamo un po’i “falliti” di Giampietro Motti. Ho sempre pensato che la mia personale necessità di spingermi in alto fosse in realtà il naturale bisogno di confrontarsi con l’Altissimo faccia a faccia, schiettamente. A volte per litigarci a voce alta, senza il perbenismo di un inginocchiatoio, senza troppi “Amen” e preghiere che complicano molto i discorsi fatti di getto. Penso sia il mio modo di pregare, spogliandomi, con la fatica immane che solo la montagna di un certo tipo ti riesce a dare, di tante maschere che la vita normale ti impone.
Una bolla di tempo in cui sei più vicino all’animale, ai concetti base, alla sete, alla fame, al freddo e al caldo, più vicino a fare, e a farti, le domande giuste, senza sconti, senza fronzoli, più vicino agli spiriti dei tuoi avi, al Supremo, agli spiriti dei boschi e delle rocce. Ma io non sono così forte come loro, a me basta molto meno per avvicinarmi al mio limite, e con i miei 57 Kg di peso, molte delle cose che ho fatto sono già state dei piccoli miracoli.
Buon cammino!
Il 20 luglio 2016 sono caduti dalla parete nord del Monte Camicia (Gruppo del Gran Sasso) Roberto Iannilli e Luca D’Andrea. Iannilli, di Ladispoli, aveva 62 anni. D’Andrea era di Sulmona, aveva 51 …
Sorgente: In pace armata con i suoi demoni