Il metodo 3×3 di Werner Munter è uno dei metodi più noti di valutazione del rischio globale residuo di una uscita in ambiente innevato. Di fatto è stato il primo metodo che ha utilizzato una valutazione probabilistica sulla sicurezza, considerando concetti come pericolo, rischio e probabilità di accadimento e va a ridurre, con opportune scelte, il rischio residuo allo stesso valore che avrebbe una normale escursione media estiva in ambiente montano che è considerato accettabile.
Il metodo prende il nome “3×3” perchè prende in considerazione da un lato 3 filtri “dimensionali” (regionale, locale, zonale) e 3 fattori di valutazione per ciascuna dimensione di valutazione ( condizioni della neve, terreno e fattore umano).
Pur con molte critiche e detrattori, è stato il primo metodo a portare molti dei concetti relativi al risk management all’interno di un ambito poco convenzionale come la montagna invernale, e questo è stato di per sè un elemento di assoluta novità! Da li sono poi nati altri metodi, forse addirittura più veloci, anche se, almeno a livello accademico, talvolta meno rigorosi.
I filtri “dimensionali” vanno immaginati a livello concettuale come una serie di setacci tra le cui maglie corre la sabbia del rischio: ogni filtro ha maglie un po’più strette, alla fine passerà solo una minima parte del rischio iniziale e rimarrà solo la parte considerata accettabile. Ogni filtro procede quindi su due piani: seguendo dimensioni “geografiche”sempre più piccole dall’area della gita, alla scelta dell’itinerario,alla valutazione del singolo pendio, e seguendo lo schema usuale di svolgimento, dalla pianificazione a casa, alla scelta dei diversi itinerari durante la gira, alla scelta di dove mettere passare nell’immediato.
Vediamo i filtri nel dettaglio:
Il filtro regionale serve a rispondere alla domanda: dove si può andare in gita?
Condizioni della neve: Situazione valanghiva (bollettino, previsione)
Terreno: carta / punti chiave
Fattore umano: chi? Quanti?
Il filtro locale serve a rispondere alla domanda: quale itinerario è possibile (in quella zona)?
Condizioni della neve: situazione valanghiva del momento (osservazione diretta)
Terreno: confronto fra i diversi itinerari
Fattore umano: controllo degli ARTVA e equipaggiamento, condizioni del gruppo
Il filtro zonale serve a rispondere alla domanda: quali sono i pendii percorribili?
Condizioni della neve: problema di valanghe? Visibilità?
Terreno: estensione del pendio? Conseguenze caduta/seppellimento?
Fattore umano: tattica
Al termine dei tre filtri si arriva alla fatidica opzione “Go/No go”, se tutte le scelte hanno portato a una soluzione accettabile possiamo andare e di fatto abbiamo minimizzato i rischi. E’ interessante notare come il processo decisionale ha una sua conclusione protratta nel tempo che non si esaurisce solo nella pianificazione a tavolino a casa, ma può avvenire ad esempio con la scelta di rinunciare o/e di scegliere un pendio diverso di discesa (quando il filtro zonale suggerisce un cambio di programma) durante l’escursione.
Vista la difficoltà di dare poi una valutazione oggettiva al pericolo dell’uscita senza basarsi su valutazioni squisitamente personali, lo stesso Munter ha poi proposto, per l’effettiva applicazione del metodo 3×3, il cosiddetto metodo delle riduzioni del rischio, che altro non è che un metodo per dare una effettiva risposta al “go/no go” del metodo 3×3 e risulta, di fatto, un affinamento del macrofiltro “regionale”.
Alcuni link che spiegano il metodo sono, in tedesco, i seguenti:
http://www.powderguide.com/mountain/artikel/2-special-feature-mountain-mastery-check-your-line.html
http://www.powderguide.com/mountain/artikel/3×3-filtermethode-reduktionsmethode.html
E l’ottima guida, anche in italiano, scaricabile gratuitamente dal sito dell’ Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF.
[…] già parlato del metodo 3×3 come strumento per la riduzione del grado di pericolo residuo e la pianificazione di una escursione […]